Riforma delle pensioni: un doppio sì necessario
Riforma delle pensioni: un doppio sì necessario
“Da ciascuno secondo le sue risorse e a ognuno secondo i suoi bisogni”. È una frase pronunciata più volte dall’ex-Consigliera federale Ruth Dreifuss nel corso della campagna in vista della votazione del 24 settembre sulla riforma “Previdenza per la vecchiaia 2020”. Una frase che descrive a perfezione lo spirito e il principio del principale pilastro del nostro sistema pensionistico, l’AVS.
Il primo pilastro è solido grazie al suo funzionamento e al principio di solidarietà su cui è fondato. I contributi versati sono una percentuale del reddito per cui non è fissato un limite massimo. Un tetto, invece, fissato per le rendite: 2’350 franchi per chi ha pagato i contributi senza interruzioni, con un reddito massimo di 84’600 franchi. I contributi oltre questo importo non incidono più sulle proprie rendite, ma alimentano le casse con cui vengono versate.
Il finanziamento dell’AVS è regolato in funzione del livello di benessere generale e garantisce una redistribuzione della ricchezza. L’AVS e la previdenza professionale devono garantire un livello di vita analogo a quello che precede la pensione. A chi va in pensione con la sola AVS, così come accade per mezzo milione di donne, dev’essere garantito un pensionamento dignitoso.
La solidità del funzionamento dell’AVS poggia sulla solidarietà tra le generazioni. Nel tempo è stato assicurato grazie a più riforme – dieci in cinquant’anni – con cui la previdenza vecchiaia è stata adattata alle esigenze della società. L’equilibrio tra generazioni attive e non più attive è un fattore determinante, marcato – durante gli ultimi trent’anni – da un’evoluzione negativa accompagnata da un notevole passo in avanti per quanto riguarda la speranza di vita, giunta a 85.5 anni per le donne e a 81.5 per gli uomini. Eppure, durante gli ultimi vent’anni, non una riforma delle pensioni è giunta in porto.
L’invecchiamento della popolazione e la speranza di vita in aumento per cui più rendite devono essere versate più a lungo, il pensionamento della generazione del “baby boom” e dei bassi tassi d’interesse impongono una riforma delle pensioni. In questo senso, legare primo e secondo pilastro è un’idea molto buona. Rivisti i tassi di conversione, una misura inevitabile dettata dai tassi d’interesse, viene proposta una compensazione attraverso l’AVS, il pilastro più solido del nostro sistema di previdenza vecchiaia: un aumento delle rendite di 840 franchi, rispettivamente fino 2’700 franchi per le coppie.
La previdenza vecchiaia 2020 risponde alle esigenze della società attuale, la cui rapida mutazione motiva una riforma che garantisce il finanziamento dell’AVS e il livello delle rendite fino al 2030. Il lavoro parziale sarà assicurato meglio, a vantaggio delle donne. Chi verrà licenziato, oltre i 58 anni d’età, potrà rimanere affiliato al secondo pilastro. Oggi respingere la riforma è la scelta peggiore poiché, nel migliore dei casi, una nuova riforma dovrà tenere conto anche del deficit miliardario generato nei prossimi anni. Nel peggiore dei casi, la destra e i partiti borghesi imporrebbero la riduzione delle rendite e l’età di pensionamento a 67 anni per tutte e tutti.
La riforma “Previdenza per la vecchiaia 2020” chiede a ognuno secondo le sue risorse e dà a ciascuno secondo i suoi bisogni, garantisce il livello delle rendite e rinforza l’AVS. È la migliore soluzione. Invito perciò ad accettarla, votando due volte SÌ il 24 settembre.
Igor Righini, Presidente PS