PV 2020 una riforma sostenibile per il prossimo decennio

 

 


 

L’argomento dei contrari alla riforma Previdenza Vecchiaia 2020 (PV2020) sulla quale voteremo in settembre è la presunta non garanzia della previdenza per le future generazioni di pensionati che oggi hanno tra i 20 e i 50 anni. Argomento che si basa su una previsione di medio lungo termine.

Ma di previsioni sbagliate ne abbiamo viste molte, dal Peak oil del Club of Rome degli anni 70, agli effetti della libera circolazione che prevedeva 10mila invece degli 80mila immigrati per anno, al fabbisogno di letti in case per anziani degli anni 90 mai lontanamente raggiunti, oppure l’imminente carenza di energia elettrica in auge una decina d’anni fa per giustificare nuove centrali nucleari nel frattempo cestinate.

Proprio anche nelle previsioni sul futuro della nostra previdenza si è toppato, infatti nel 1996 uno studio della Confederazione (IDA FiSo) prevedeva che l’AVS fosse in perdita già dal 2005 e che per mantenere il livello delle prestazioni sociali (AVS, disoccupazione, invalidità) ci volesse un aumento dell’8% dell’IVA entro il 2010 !!

Nel dibattito sulla PV2020, oltre all’ideologia, ci si confronta con cifre e scenari sul futuro della previdenza, scenari a volte catastrofistici, come quello di uno studio dell’UBS che prevede per la Confederazione 1000 miliardi di sottocopertura nell’AVS. Sappiamo che le banche hanno evidenti interessi nel settore pensionistico, la gestione dei 1000 miliardi di capitali delle casse pensioni da parte di banche, fiduciari, ecc. costa 3.5 miliardi, mentre la gestione delle Casse pensioni costa 900 milioni all’anno. Chiaramente per banche e assicurazioni, che gestiscono anche altri 100miliardi di terzo pilastro, un’AVS più forte non rientra nei loro obiettivi.

Con tutto il rispetto per chi oggi gestisce UBS, ricordo che non hanno sempre dimostrato grandi doti previsionali e solo grazie ai 66 miliardi di Confederazione e Banca Nazionale che UBS non ha fatto la fine della Lehman Brothers, cioè il fallimento, e questo meno di 10 anni fa.

Chiaramente certi trend ci sono, aumento della speranza di vita, denatalità e pensionamento dei babyboomer; però è anche provato (vedi IDA FiSo) che i tempi di certe previsioni sono sovente sbagliati anche di più di dieci anni, cioè con errori del 100% , e questo perché non si considerano innovazioni, dinamiche sociali o economiche e altre variabili positive. Si proietta linearmente il passato nel futuro, sopravvalutando i trend negativi.

Una riforma fino al 2030

La riforma PV2020 porta diverse correzioni per compensare le tendenze citate, pagheremo tutti un po’ per garantire nel prossimo futuro una previdenza dignitosa per un numero crescente di pensionati.

Con la PV2020 è la prima volta che si agisce contemporaneamente sia sulla LPP che sull’AVS: chiedendo sacrifici a tutti, dalla diminuzione del tasso di conversione LPP, all’aumento dell’IVA e dell’età pensionabile per le donne, che in parte recuperano grazie all’aumento di 70 Fr AVS e che permetterebbe comunque un pensionamento a 64 alle condizioni attuali. Sicuramente non è perfetta, è il risultato di un processo durato diversi anni che ha dovuto considerare molti aspetti tecnici complessi come pure politici. La PV2020 va vista nel suo insieme come un costruttivo passo avanti per garantire il finanziamento della previdenza vecchiaia fino al 2030, per quella data si lavorerà alla prossima revisione sulla base delle nuove situazioni che si svilupperanno nel frattempo.

È una riforma pragmatica che possiamo sostenere con sano ottimismo perché non rischia di destabilizzare il nostro controllato e solido sistema previdenziale.

Non è una farsa

Chi definisce la PV2020 una farsa perché non rispetta i propri credi liberisti, oltre a svilire il linguaggio del dibattito politico, dimentica che il nostro sistema democratico si basa sull’ultima parola al popolo e richiede ai parlamenti di legiferare in modo graduale e misurato, cercando compromessi che facciano maggioranza. Pretendere che la riforma garantisca la previdenza per i prossimi 30 a 50 anni è impossibile e insensato, a queste condizioni non si sarebbe potuto istituire l’AVS nel lontano 1947, né aggiornarla nelle 10 revisioni finora attuate per le regolari e necessarie correzioni, l’ultima nel 1997 mentre quella del 2004 è stata bocciata dal popolo proprio perché non equilibrata.

Neoliberisti che preferirebbero governare per decreti, e magari, privatizzare l’AVS come un’assicurazione sulla vita come ipotizzato nel Libro Bianco per l’economia Svizzera (1995), lasciando il popolo alla finestra.

 

Bruno Storni, Deputato PS in Gran consiglio

Condividi