Una riforma da sostenere

Mancano ormai poche settimane al 24 settembre, data alla quale cittadine e cittadini svizzeri saranno chiamati a pronunciarsi sul progetto di previdenza vecchiaia 2020. In gioco è il finanziamento dell’AVS attraverso un modesto aumento dell’IVA (0,6%, in realtà solo lo 0,3% tenuto conto della quota di IVA destinata a suo tempo al risanamento dell’assicurazione invalidità). E di conseguenza il futuro delle prestazioni AVS. Infatti, nel caso in cui, come indicano in questi giorni alcuni sondaggi, la modifica costituzionale per l’aumento dell’IVA fosse approvata ma la modifica di legge, che prevede un aumento di 70 franchi delle rendite AVS per tutti ma anche l’aumento a 65 anni dell’età di pensionamento per le donne e la riduzione del tasso di conversione del secondo pilastro al 6%, venisse respinta l’intera riforma verrebbe a cadere. Ed è proprio quello che vogliono ottenere gli ambienti borghesi – liberali radicali e Udc in particolare – e padronali che si oppongono alla riforma. Atteggiamento non nuovo visto che in passato sono sempre state quelle forze politiche ed economiche ad opporsi a ogni miglioramento dell’AVS. E, non a caso, a condurre la campagna contro la proposta in commissione e in parlamento si è schierato il candidato ticinese alla successione del dimissionario Burkhalter, il consigliere nazionale Ignazio Cassis. Ed è lo stesso risultato che favoriranno gli ambienti della sinistra radicale e le minoranze sindacali che hanno promosso il referendum con la modifica di legge. Senza finanziamento supplementare dell’AVS attraverso l’aumento dell’IVA, in pochi anni il fondo di compensazione dell’AVS si ridurrebbe sensibilmente. Sarebbe così aperta la strada all’aumento per tutti dell’età di pensionamento a 67 anni grazie all’auspicato meccanismo di aumento automatico in caso di peggioramento delle finanze dell’AVS. Per non parlare della eventuale richiesta di peggioramento delle stesse prestazioni delle rendite del primo pilastro. Né deve trarre in inganno che in vista della votazione i liberali radicali svizzeri, presentando il loro piano B come alternativa al progetto uscito dal parlamento, abbiano deliberatamente omesso di far figurare la loro tradizionale richiesta di aumento a 67 anni dell’età di pensionamento e relativo dispositivo automatico. È fuori discussione che il progetto in votazione costituisce un compromesso che purtroppo prevede anche un anno in più per il pensionamento delle donne. Età portata appunto a 65 anni. Difficile, tenuto conto dei rapporti di forza presenti in parlamento, sperare in una soluzione ideale che non prevedesse quella disposizione. Ma una valutazione complessiva del progetto indica che tutto sommato gli aspetti positivi superano quelli negativi. Intanto, per la prima volta da molti anni a questa parte, è previsto un aumento delle rendite AVS di 70 franchi al mese: 840 franchi all’anno per le persone sole e 2’700 franchi all’anno per la grande maggioranza delle coppie. Il che non è poco soprattutto per tutti i futuri pensionati che a causa dei loro bassi salari non hanno mai potuto costituire un secondo pilastro. E in questa categoria rientrano soprattutto le donne. Ma anche sul fronte del secondo pilastro non mancano gli aspetti positivi: di fronte all’abbassamento del tasso di conversione c’è la diminuzione del limite massimo di reddito per costituire un fondo individuale del secondo pilastro. Norma questa che va soprattutto a favore dei bassi redditi e una volta ancora in particolare delle donne. Quindi una soluzione, quella della previdenza vecchiaia 2020, che deve essere sostenuta e giustifica il prossimo 24 settembre un Sì convinto ai due oggetti in votazione. La riforma costituzionale e il progetto di legge. Anche perché a beneficiarne questa volta saranno i meno favoriti.

 

Werner Carobbio, già Consigliere nazionale

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